Franco Del Moro, musicista, scrittore e editore (di libri e della storica rivista letteraria Ellin Selae) ha raccontato ai microfoni dell’emittente agordina Radiopiù ciò che ha vissuto nei giorni dell’uragano, dentro casa, a Rivamonte. Del Moro, che vive da circa un anno in provincia di Belluno, ci dona una riflessione vera e cruda di che cosa significa vivere in montagna e fare un’esperienza diretta con la forza della natura che si ribella.
Una riflessione sul nostro ruolo di esseri umani dentro la natura. Una riflessione sull’illusione di poter affidare le nostre vite alla tecnologia: più un bel giorno un vento a 200 all’ora spazza via tutto, tralicci elettrici compresi, e ci ritroviamo al lume di candela, senza collegamenti né virtuali né reali, con il solo calore delle stufe a legna (se ne possediamo almeno una).
Ma nelle remote metropoli in cui si decidono anche i destini delle comunità di montagna la drammaticità di tutto ciò è quasi sempre totalmente incompresa, se non addirittura declinata in forme neoromantiche che gridano vendetta… al cielo. (altro…)
Il decreto (in)sicurezza per il cambiamento. Perché c’è chi sull’insicurezza “percepita” costruisce facilmente patrimoni politici.
Sul tema immigrazione (impropriamente assimilata dal governo alla questione criminalità) smantellare il sistema di accoglienza e di integrazione sociale diffusa nei comuni (noto con l’acronimo Sprar) per sostituirlo con i casermoni detentivi significherà innescare tensioni di ogni tipo, creare problemi invece di risolverli, gettare persone fragili verso condizioni formali di irregolarità che ostacoleranno l’interazione sociale positiva. (altro…)
Le devastazioni del maltempo e la ricostruzione sono il tema di Voci dalle Dolomiti trasmesso il 6 novembre 2018 a Radio Cooperativa. Ascolteremo l’analisi di Diego Cason, sociologo e attivista del movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti.
Al centro della conversazione un esame dei gravi danni, le modalità per un rapido ritorno alla normalità, la necessità di un coordinamento con le province vicine e l’esigenza sempre più evidente di uno status istituzionale differenziato per la montagna bellunese, per elaborare e finanziare politiche adeguate alle criticità di un territorio fragile, complesso e sempre più a rischio spopolamento.
Piogge e vento anche oltre i 200 Km/h hanno colpito buona parte del Bellunese, ma anche vaste zone del Trentino, del Sudtirolo e delle aree montane del Friuli e del Vicentino: foreste abbattute, case scoperchiate, locali allagati dal fango, strade distrutte da frane e esondazioni, acquedotti danneggiati, abbattute dal vento intere linee elettriche di cui da anni si chiede l’interramento.
Ma anche la tragedia di migliaia di animali selvatici morti nelle foreste devastate, come sottolinea Mountain Wilderness, chiedendo la chiusura della caccia in tutte le province colpite.
Mountain Wilderness, come altre associazioni che si battono contro gli attacchi al mondo naturale, chiede che la chiusura della caccia venga subito inserita fra le misure dopo le devastazioni causate dal maltempo sulle Dolomiti.
Ecco il comunicato diffuso nel proprio sito Web dall’organizzazione che si batte in difesa della montagna.
“La frustata di vento subita da tutte le aree boscate delle Dolomiti è stata impressionante. Una prima valutazione porta a una schiantata diffusa che si aggira sui 5 milioni di metri cubi di legname. Sono state abbattute foreste mature ma anche boschi giovani, ancora perticaie. Migliaia di ettari di superfici impervie sono devastate. Si impiegheranno decenni per recuperare queste enormi aree, per vederle ancora coperte di vegetazione varia. Decenni di impegno dei servizi forestali, dei proprietari pubblici e privati dei boschi sono stati cancellati in poche ore. Una foresta distrutta non significa solo piante. La foresta è come una città, è un insieme di vite e significati che l’uomo ancora non è riuscito a comprendere nella sua complessità. In queste enormi distese sono rimasti uccisi decine di migliaia di animali selvatici, non solo i grandi ungulati (cervi, caprioli, daini), ma anche altra pregiata fauna selvatica. Mountain Wilderness Italia lancia un appello alle amministrazioni regionali delle Dolomiti, a quelle delle province autonome, perché venga chiusa da subito la stagione venatoria. E’ inconcepibile in una situazione naturalistica tanto devastata permettere lo svolgimento della caccia.
Quanto è sopravvissuto della fauna selvatica, probabilmente pochi esemplari di animali per area, va lasciato recuperare, tutto il mondo animale deve prepararsi a affrontare un duro inverno, dovrà riadattarsi a un territorio sconvolto e irriconoscibile, anche impercorribile.
Il prossimo anno andranno ripresi i censimenti, seri, attuati certo dai volontari, ma anche con l’apporto diffuso delle autorità preposte alla vigilanza: carabinieri – forestali, agenti venatori, polizia locale di vigilanza boschiva. Solo sulla base di censimenti gestiti e controllati dall’ente pubblico si potrà poi valutare se vi saranno o meno le condizioni per riaprire l’attività venatoria a qualche specie faunistica.
Al momento un minimo di rispetto deve portare tutte le sensibilità culturali e politiche dei territori delle Dolomiti a sostenere l’immediata e definitiva chiusura della caccia per la stagione 2018″.
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